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Channel: Menta e Rosmarino
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Sfogliatelle ricce

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Tutto è nato un giorno, quando parlando di un fattaccio accaduto nel web, lo Zio Piero mi ha mostrato le sue sfogliatelle. A parte che non avrei mai pensato si potessero fare in casa, ma le sfogliatelle ricce restano uno dei miei dolci preferiti. Diciamo che sono nell'olimpo dei miei peccati di gola. 
Tanti anni fa frequentavo spesso Napoli, una città per me meravigliosa. Mi ricordo che scesa dalla stazione, mi portavano sempre in un vicolo lì vicino dove c'era un laboratorio artigianale che le produceva. Un laboratorio che non gli avresti dato un soldo, di quelli come piacciono a me: spartano, solo un bancone per servire, e dietro il laboratorio a vista con i banconi di metallo. In quel laboratorio ho mangiato le più buone sfogliatelle della mia vita...mi spiace solo di non ricordare il nome del vicoletto, né il nome del laboratorio. 
Insomma, quando le ho viste da Piero mi sono fatta prendere dalla frenesia e ho voluto lanciarmi anche io in questa impresa titanica (ve l'ho già detto che sono peggio di un somaro, no?).

Intanto non vi prenderò in giro: farle non è una passeggiata. Per stendere l'impasto, bisogna essere in due e non ci sono santi. Inoltre, io senza la maestria di mia madre che è brava in queste cose, non avrei mai potuto farcela. Quindi, se non avete mai traccheggiato con una macchinetta per la sfoglia, lassate perde (per citare Piero!) :D

La nostra sfoglia stesa secondo me era perfetta, ma le sfogliatelle no! Credo che sia perché non abbiamo spalmato benissimo lo strutto in fase di arrotolamento, per cui quando sono andata a formare le conchiglie, ho incontrato parecchie difficoltà a dare la forma...ecco perché, a mio avviso, le sfogliatelle non sono venute perfettamente sfogliate.

L'altro errore è stato quello di pensare di fare due rotoli, per fare delle mini sfogliatelle. Io credo che questo sia stato in parte invalidante, perché, soprattutto se si fanno per la prima volta, è meglio fare un unico rotolo e quindi ottenere delle sfogliatelle più grandi (si lavorano meglio, date retta!).

Ad ogni modo, erano buonissime. Il ripieno era eccezionale, con ricotta presa da un produttore locale e i miei canditi home made. Tutta un'altra storia, vi do la mia garanzia. 

Ero indecisa se pubblicarle, perché avrei voluto rifarle più belle, ma siccome adesso non me la sento di rilanciarmi in questa impresa, e siccome tutto sommato penso che valga la pena far vedere lo sforzo anche di un prodotto non perfettamente riuscito (che poi mica so' una pasticcera io :D ), ecco a voi le mie sfogliatelle ricce. 

Ingredienti:

Per la sfoglia

700 gr di farina manitoba
260 gr di acqua
25 gr di miele
6,5 gr di sale
150 gr di strutto sciolto (da usare dopo il primo riposo)

Per il ripieno

50 gr di semola rimacinata
175 gr di ricotta (quella buona, mi raccomando)
135 gr di latte
80 gr di zucchero
1 buccia grattugiata di arancia
1/2 cucchiaino di cannella
semi di vaniglia
1 uovo
40 gr di arancia candita (io le mie home made)

Procedimento:
  • Iniziate ad unire acqua, farina, sale e miele
  • lavorare molto energicamente fino a formare un impasto omogeneo (richiede forza, munitevi di pazienza!)
  • Formate una palla e, spalmandovi le mani con dello strutto, massaggiatela con tanto amore
  • Copritela poi con della pellicola e mettetela a riposare in frigo per 3 ore.
  • Tirata fuori dal frigorifero, posizionate la palla sul piano da lavoro e con l'aiuto del mattarello, iniziate a stendere un pochino l'impasto, dando una forma rettangolare stretta e allungata. Fate bene questo passaggio perché è essenziale affinché                                                                                               
                      1. la pasta entri bene nella macchinetta
                      2. la sfoglia non si rompa durante il passaggio nella macchinetta
  • Io ho preparato la macchinetta sul bordo di un tavolo abbastanza lungo. Ho steso un telo di cotone per il lungo e l'ho leggermente infarinato, così come ho infarinato la macchinetta.
  • Quando avrete preparato bene la vostra postazione di lavoro, iniziate a passate la sfoglia con la massima apertura della macchinetta. Una persona deve guidare l'ingresso della sfoglia dall'alto, mentre l'altra deve accogliere la sfoglia che esce e girare la manovella. 
  • Se la sfoglia si rompe o è un pò bislacca, non abbiate paura, la sistemerete piano piano. 
  • Il primo tiraggio è quello dove dovete cercare di perfezionare il più possibile la sfoglia cercando di darle una forma regolare. 
  • Andate avanti a tirare un passo per volta, passando attraverso le varie aperture, fino alla più sottile consentita. La sfoglia deve essere sottile e somigliare a morbida carta.
  • Potete ripiegare la sfoglia su se stessa, con movimenti delicati e gentili, non dovrebbe attaccare (la mia almeno non ha attaccato).




  • Una volta tirata la sfoglia (dovrebbe raggiungere oltre gli 8 metri), mettetevi vicino un piattino o una ciotola con lo strutto sciolto. Io ho usato un piattino così ci potevo poggiare bene le mani aperte sopra.
  • Ungetevi quindi le mani e passate su tutta la superficie della sfoglia mentre arrotolate (se siete ancora in due meglio, uno unge e l'altro arrotola. 
  • Io ho fatto due rotoli, così da ottenere delle sfogliatelle che non fossero giganti, voi fare come è meglio per voi. 
  • Serrate bene i rotoli nella pellicola e metteteli in frigo per una ventina di ore
Il giorno dopo
  • Portare a bollore il latte con i semi di vaniglia
  • Fuori dal fuoco aggiungere la semola, piano piano e continuando a mescolare
  • Lasciate freddare
  • Mescolate poi lo zucchero con la ricotta, la cannella, la buccia d'arancia grattugiata, un uovo e i canditi. 
  • Unire alla semola.
  • Prendete i vostri rotoli dal frigorifero e con una lama molto affilata ricavate dei dischi larghi circa 1 cm

  • Schiacciateli poco con i palmi delle mani
  • Ora le vostre dita lavorate il centro dei dischi, cercando di spingere il centro verso l'esterno
  • Formate così le vostre sfogliatelle in modo che siano pronte per il ripieno
  • Riempitele copiosamente senza badare troppo alla chiusura
  • Mettete in forno per 5 minuti a 210°
  • Poi togliete dal forno, fate riposare 5 minuti e rinfornate per 30 minuti a 180° (o comunque fino a doratura, regolatevi con il vostro forno)


Questo è il nostro tempo: Hummus di ceci

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"Hi guys! What do you think about a dinner for next Sunday? I can't wait to see you again!! Pls say YES!"
"A big YES for me! I miss you. Last time that i saw you was 6 months ago..it's too time!" mi ha risposto Iman
"Oh my dear, i miss you so much... i think about you alot! Sure, yes...it would be great to meet again" subito dopo ha risposto Anahita.

Amici. Amici. Amici pochi, ma quelli giusti. Quelli che ti scelgono, che fanno tutto loro. Arrivano nella tua vita, ti amano, e non sai perché. Non so come accade, ma mi sembra sempre un meraviglioso miracolo quando mi sento amata. Una cosa che non do per scontata, ecco. 

Anahita la prima volta che la vedo è dentro la prima casa condivisa . Il primo giorno che entro, lei fuori dalla sua stanza, un pò timida, prova a chiedermi "Ma che ore sono, non capisco!". La sera prima era cambiata l'ora legale e lei non capiva. Ha provato a chiedermelo a modo suo: una Iraniana da poco trasferita in Italia, ancora spaesata e che non parla la mia lingua, ma solo l'inglese. 
Le rispondo, le spiego la faccenda dell'ora avanti-l'ora indietro, e così iniziamo, così parte la nostra pellicola. Ciak, si gira. L'amicizia che ha cambiato parte della mia vita. 

Solo due mesi in casa insieme, con orari diversi, abitudini diverse, una lingua diversa. Eppure una sera ci troviamo alla stessa tavola a mangiare, e timidamente iniziamo a parlare. Timidezza che dura tre secondi, perché in un attimo ci troviamo a parlare delle similitudini dei nostri Paesi, così diversi eppure così simili. Ci interrompiamo, ci sovrapponiamo per troppa fretta di parlarci. Se non ci viene in mente come dire una parola, ne inventiamo un'altra, ma giuro troviamo il modo di capirci. 
Sarebbe così bello fare un viaggio in Iran insieme, la buttiamo lì. Quelle cose che si dicono e in cuor tuo pensi di non poter realizzare...nel frattempo si fa qualcosa insieme, la porto a casa dei miei per un giorno di festa. Dai miei gli amici si accolgono come persone di casa. Mio padre riesce a farla ridere anche senza parlare l'inglese (solo lui può farlo). Poi lei poco dopo se ne va, si trasferisce in un'altra zona della città. Salutarsi è difficile. E' gennaio appena nato, fa freddo ed è buio. L'accompagno all'autobus con la sua valigia troppo grande. Parliamo distraendoci dal freddo e dalla tristezza. Quando vedo l'autobus mi si appannano gli occhi. Come facciamo in cinque secondi ad abbracciarci come se fosse un'ora? Non lo so. Ma so che dopo, dal vetro, lei mi fa segno di non piangere, passandosi l'indice in verticale sotto l'occhio. 

Ma il nostro film non è finito. 

Un anno dopo sto aspettando con ansia il visto dall'ambasciata, a febbraio si parte. Il visto tarda ad arrivare, mi innervosisco, ho paura di non partire. Telefono, sbraito, non mi riconosco. Poi improvvisamente il visto arriva, e solo lì tutto mi sembra vero. Adesso ho paura di partire. Solo adesso ho paura. Ma partiamo. Anahita è in ritardo, prende tutto con comodo...arriviamo all'imbarco che la signorina ci vede correre da lontano, ci guarda notevolmente infastidita e quasi grida "De Filio e Sepheri?" SIIII "Stanno aspettando voi per partire, sbrigatevi" ci dice linciandoci con lo sguardo (se avesse potuto c'avrebbe prese a schiaffi, ne sono certa). Corriamo, corriamo, siamo sopra. Ci chiudono i portelli alle spalle, adesso non si torna indietro. Un viaggio traversata con scalo a Istanbul di notte (ancora la mia Istanbul, ancora una volta...un giorno vi racconterò). Ci buttiamo su delle sedie, guardando fuori da infinite vetrate: nevica. Nevica forte. Quando saliamo in aereo di nuovo, qualcuno con un automezzo viene a buttare una schiuma sulle ali per togliere la neve. Buio e neve. Buio e neve. Si decolla. Ore piene, frenesia. Finché, quasi l'alba, vediamo una città sconfinata brillarci sotto i piedi, e Anahita urla, caccia un lamento felice e straziante di chi si ricongiunge alla sua terra dopo tanta attesa. Grida "So, this is Tehran! This is Tehran Miché!" eccitata, contenta, ansiosa, sveglia tutti. Non si contiene, non la contieni. Mi veste col velo, mi chiede di starle sempre vicino. Corriamo dentro l'aeroporto, devo star dietro alla sua foga di uscire. Siamo due ragazze improbabili che corrono con una valigia dietro. Siamo la nostra storia che prende forma.

Tutto il resto è storia. La storia di un viaggio che mi ha cambiato la vita e la storia di tutte le amicizie che ho stretto che non potrò mai dimenticare. E Iman, un dolce ragazzo che fa il volo di rientro con me. Anahita rimane ancora un mese. Mi consegna ad un tassista in piena notte e mi spedisce in aeroporto che dista un'ora da casa sua.  Sono sola in un Paese lontano, sono sola eppure non mi sento sola. Ho tutto con me. Ho pensieri da mettere in ordine, una valigia già piena di ricordi, il cuore che batte un ritmo doppio. Il tassista mi scorta in aeroporto e mi lascia nel punto dove mi prenderà Iman, che volerà con me, che si addormenterà sulla mia spalla in un viaggio infinito e stancante che io trascorro vigile con la musica nelle orecchie. Non dormo da oltre 24 ore, ma non cedo. A Fiumicino sembro una profuga. Non so più chi sono.

E poi qui a Roma le cene insieme per ritrovarci, per condividere la tavola. Non riesco ad aspettarli in casa, gli corro incontro sulle scale, ci abbracciamo stretti come viene, con quella fretta di ricongiungimento che ci da solo l'amore.
Mi raccontano di come sia difficile vivere lontani dal proprio Paese, di come si debba combattere con una sensazione di solitudine ogni giorno. "Nella tua casa mi sento come a casa mia, dimentico per un pò la mia solitudine", mi dice Iman, non sapendo che mi sta facendo il più bello dei complimenti. Ma poi c'è lo spazio per le risate, per la politica, per la vita vissuta. Pur con la difficoltà della lingua, io e questi ragazzi riusciamo a dire le stesse cose in coro, i nostri pensieri vanno nella stessa direzione. Ritrovarci è un dono meraviglioso, sembra di non esserci salutati mai. Ogni volta faccio assaggiar loro qualcosa di nuovo preparato con le mie mani, come hanno fatto loro con me in Iran. E' un piacere cucinare per questi ragazzi che assaggiano e mangiano tutto.
Mentre impiatto la pasta, stavolta, Anahita aspetta ch'io le passi il piatto per aiutarmi, dice qualcosa in persiano ad Iman e io come sempre la sgrido, chiedendole di tradurre quando si dicono qualcosa tra loro. "Tutto quello che fai è bello, raffinato". Usa la parola با سلیقه, che si legge Ba Saligheh, elegante appunto...e poi stiamo tre ore con loro che mi insegnano a pronunciare la gh come la pronunciano loro e ridiamo come matti. Anahita è l'unica persona al mondo che conosco che ride più forte di me, ogni tanto devo dirle di fare piano ché mi fa cacciare dal palazzo :D
Quando ci salutiamo, Ana mi ferma, mi dice devo dirti delle cose prima di andare. E inizia ad elencare. La prima che mi dice è che io sono la sua casa, e che nel suo cuore ho un posto riservato molto speciale
Iman mi ringrazia infinite volte, non la smette più di dire grazie. Ce li ho entrambi davanti, allungo le mani e accarezzo le loro guance in un gesto involontario, dico "This is our time, questo è il nostro tempo. Dobbiamo prenderlo finché ce n'è, perché non ne avremo un altro".


Enjoy Iran - le mie fotografie

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Ingredienti:

Ceci secchi
Olio
Sale
Rosmarino
Aglio
Semi di sesamo

Procedimento:

  • Le sera prima risciacquate i ceci e metteteli in ammollo
  • Il giorno dopo scolate i ceci e metteteli a bollire in abbondante acqua per circa 2 ore, legando in una retina del rosmarino e dell'aglio per dare aroma.
  • Dopo la cottura dei ceci, scaldate in una padellina dell'olio extra vergine e dell'aglio. 
  • In un'altra padellina tostate semi di sesamo a piacimento
  • Togliete l'aglio dall'olio, quindi unite l'olio ai ceci e frullate tutto
  • Salate, unite i semi di sesamo tostati e il gioco è fatto!





Benvenuto febbraio: riccioli di pane

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"Si che amo l’inverno e febbraio noce di ghiaccio, amo le nevi quando il vento le stacca a fagottini dai rami degli abeti e le congiunge a neve con la bussata di un bacio, amo febbraio che rosicchia luce al sole, lo trattiene di più giorno su giorno, amo febbraio che risale l’orizzonte, amo il pettirosso che ha resistito senza migrare a sud, amo il mandorlo che apre il fiore bianco di pupilla e lo sparge sull’erba scolorita della brina, amo la vita che continua senza di me, amo l’onda che passa a scavalcarmi, amo, spingo sul verbo amare."
 Erri De Luca, "Il contrario di uno"

Pane, pane, ancora pane. Pane per la tavola di tutti i giorni, pane da dividere a una cena tra amici. Il pane che unisce, che accontenta tutti, che da solo sa fare un pasto. Il pane ti insegna la pazienza, l'amore, la magia, l'alchimia. Mi sono fatta questa idea stramba che chi fa il pane, non può fare male al mondo. Lo proporrei come antidoto, come fonte di educazione, come calmante per chi è sempre arrabbiato.

Panificate gente! Diffondete il verbo panificare!

Questi riccioli vengono sempre dal libro di Ciril Hitz, "Il pane fatto in casa", e per realizzarli ho usato lo stesso impasto delle mie spighe. Un impasto meraviglioso, e non c'è altro da aggiungere.


Ingredienti

Per il poolish

200 gr di farina manitoba
200 gr di acqua
2 gr di lievito secco

Per l'impasto

400 gr di farina manitoba
200 gr di acqua tiepida
12 gr di sale
1 cucchiaino di malto (io ho messo il miele)
Tutto il poolish

Procedimento
  • Di sera ho preparato il poolish, unendo la farina, l'acqua e il lievito, mescolando bene. 
  • Il poolish lo metto in una ciotola capiente, che possa contenerlo abbondantemente anche quando raddoppia il suo volume. 
  • Ho coperto con la pellicola e lasciato lievitare in luogo tiepido e al riparo da correnti.
  • Il mio poolish in questo caso ha lievitato per 14 ore. 
  • La mattina successiva, dopo appunto 14 ore, ho iniziato l'impasto vero e proprio. 
  • Nella planetaria ho messo la manitoba, il sale, il miele, l'acqua e tutto il poolish. 
  • Ho lasciato impastare alla minima velocità. 
  • Quando l'impasto ha iniziato a staccarsi dalle pareti, ho aumentato la velocità a livello 1 per circa 5 minuti. 
  • L'impasto si è fatto via via più omogeneo, fino ad incordarsi per bene intorno al gancio.
  • Ho versato l'impasto in una ciotolona oleata.
  • Ho lasciato riposare 45 minuti, coperto.
  • Ho messo l'impasto su una tavola e ho eseguito delle pieghe di rinforzo di tipo I
  • Ho rimesso l'impasto nella ciotola, sempre oleata, e ho lasciato riposare altri 45 minuti.
  • A questo punto, maneggiando delicatamente la ciotola, senza mai toccare l'impasto e senza scuotere la ciotola, ho fatto cadere delicatamente l'impasto sul piano da lavoro.
  • L'impasto deve cadere da solo per gravità: non scuoterlo e non manipolarlo in questa fase, aiuta a non infittire troppo la mollica. 
  • Con due tagli netti ho diviso l'impasto in 4 pezzi. 
  • Ogni singolo pezzo, l'ho steso delicatamente con le mani, facendo uscire l'aria e formando un rettangolo orizzontale. 
  • Ho preso i due lembi in alto, con le due mani e ho ripiegato l'impasto verso il centro. 
  • Poi ho preso i due lembi in basso e li ho portati verso l'alto, formando così un rotolino. 
  • Ho messo il rotolino a riposare 30 minuti con la linea di giunzione verso il basso e ho ripetuto il tutto con gli altri 3 pezzi. 
  • A questo punto, ho formato i miei filoncini: ho messo il rotolino orizzontale di fronte a me, appoggiando le mani sul centro e muovendole piano verso gli esterni, muovendo quindi l'aria verso le estremità, regolandomi ad occhio affinché il filoncino raggiungesse grosso modo i 30/35 cm.
  • Ho formato i miei riccioli, così
  • Ho posizionato i miei riccioli sulla placca forno spolverata di farina di granturco e le ho lasciate lievitare coperte fino al raddoppio.
  • Ho acceso il forno a  240° con una ciotolina di acqua sul fondo del forno, per creare vapore.
  • Ho infornato i primi 15 minuti, poi ho abbassato la temperatura a 190° fino a cottura.




Farà rumore e sapore insieme: I Nannibis-cotti

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Quando parli con lui e gli chiedi quale prodotto potresti comprare, inteso come prodotto alimentare, lui ti dirà sempre la cosa che in giro nu'lla poi trovà. E' matematico. E' certo. Assodato. Non nominate il supermercato con lui, che tanto quello che lui ha in mente, al supermercato nun ce sta :D

"Mica vorai usà quelle farine? Mica vorai usà quella scioccolata?" ti dice col sopracciglio alzato che puoi vedere anche se ci stai parlando al telefono :D 
"Vabbé, ho capito, ma io mo' devo fa sti biscotti, co' che li faccio? La volemo fà sta sorpresa a Nannibis, o non la volemo fà?"
"Allora senti, mo tu fai na cosa. Prendi le tavolette de diverse marche, e leggime l'ingredienti"
.....tra telefono, borsa, e tavolette, faccio cadere tutto il cucuzzaro, tra lo sguardo attonito di un'altra cliente e lo sguardo inferocito della commessa che passava di lì (che poi, manco avessi ammazzato qualcuno).
"Allora...questa marca disce zucchero, poi..."
"Ecco, vedi" neanche mi fa finire "Allora, te ce lo sai che l'ingredienti so messi in ordine de quantità presente?"
"Si, lo so" rifletto pensando che è anomalo lo zucchero come primo ingrediente. "Sarebbe tutto zucchero sto cioccolato?"
"Quasi!!"
Sconfortante vedere che la maggior parte delle tavolette, di marche notissime, avevano lo zucchero al primo posto. 
"Devi prediligge le tavolette che scianno come primo ingrediente la pasta de cacao"
"Solo cacao nun va bene?"
"No che nun va bene, perché la polvere de cacao è già troppo elabborata"
"Vabbé, pasta de cacao"
"Adesso te fai na bella cosa: sceji cinque tavolette e comprale tutte. Poi io te insegno come fa' l'assaggi...e quanno te hai fatto l'assaggi, er cioccolato te lo sceji da sola"

:D :D :D

E' stato coscì che, dopo aver ascoltato le elucubrazioni dello Zio Piero, che a sua volta le aveva imparate dal Nanni, mi sono ritrovata un sabato pomeriggio a ritagliarmi uno spazio in solitudine e per vivere questa esperienza sensoriale sconosciuta. Scegliere il cioccolato. Sceglierlo. Voi lo capite? Io l'ho capito solo dopo che ho provato. Dovevo scegliere un cioccolato buono che fosse degno dei biscotti di NanniNanni. Insomma, mica potevo usare un cioccolato qualsiasi per fare i biscotti del sommo Re del Cioccolato? Quindi, seppure mi si sgriderà per non avere usato il meglio del meglio, almeno posso dire di aver scelto il migliore di quelli facilmente fruibili. Migliore per chi? Ma ovviamente per me! 

Il cioccolato siete voi a sceglierlo. Voi, la vostra lingua, le vostre papille, i vostri sensi. E quindi per questo la scelta sarà assolutamente soggettiva. 

Quel sabato pomeriggio, in totale solitudine, ho scartato le mie cinque cioccolate. Tutte in fila, come soldati. Sotto ogni carta ho posizionato il pezzo di cioccolata contrassegnato. E poi ho iniziato.

Il primo senso che si coinvolge è la vista. A guardare le cioccolate, si nota come non abbiano tutte lo stesso colore. Qualcuna è più scura, qualcuna più chiara. Delle mie, una in particolare è più chiara di tutte. 

Il secondo senso che si coinvolge è il tatto. Tocchiamo ogni pezzo, prima delicatamente, poi con più decisione, io ho usato tre dita: pollice da un lato, indice e medio dall'altro. Anche qui, si notano delle differenze: alcuni pezzi sono più setosi di altri, più vellutati. 

Il terzo senso che si coinvolge è l'olfatto: si annusano tutte le cioccolate, cercando di sentirne tutti gli aromi. Io in particolare ho notato subito quale mi risultasse più amaro rispetto agli altri.

Il quarto senso che si coinvolge è l'udito, forse quello che mi ha entusiasmata di più. Si spezza la cioccolata. Sembra una cosa da niente, ma non lo è. Perché ogni cioccolata emetterà un suono diverso, quello snap che da una vertigine, almeno a chi come me ama i suoni. Io li ho anche registrati e le loro differenze sono incredibili! 

Il quinto e ultimo senso coinvolto è, ovviamente, il gusto. Questa è la parte che dura di più e forse un pò più meticolosa. Si risciacqua la bocca con acqua fresca e si procede, mettendo un quadratino a sciogliere tra la lingua e il palato. Non si mangia! Non si mastica! Si fa sciogliere, semplicemente. La cioccolata nella vostra bocca si scioglierà, farà rumore e sapore insieme, e a questo sapore potrete unire le sensazioni che avete avuto guardandola, toccandola, annusandola e spezzandola. 

Questa mia piccola prova è stata un piccolo viaggio. 

Provate a farlo anche voi :-)

Per la ricetta di oggi che Piero e io abbiamo deciso di pubblicare insieme, ringraziamo il grande NanniNanni, per avere messo a nostra disposizione la ricetta meravigliosa di un biscotto friabilissimo, senza uova e dall'intenso sapore di cioccolato. 

Grazie a Nanni, quindi, per la ricetta.
Grazie a Piero per la gioia di condivisione.
E Buon Compleanno a me!

Ingredienti:

225 gr di farina di frumento
75 gr di fecola di patate
150 gr di panna
100 gr di zucchero a velo
300 gr di cioccolato fondente (non uno a caso!! sceglietelo!!!)
100 gr di burro

Procedimento:
  • Pesate tutti gli ingredienti e sminuzzate il cioccolato con un coltello
  • Scaldate la panna a fuoco basso, scioglieteci il burro e subito dopo il cioccolato, continuando a mescolare ed evitando di scaldare troppo. 
  • Il composto sarà vellutato
  • Setacciate le polveri e versateci sopra il cioccolato. 
  • Amalgamate un pò e poi unite lo zucchero a velo. 
  • Impastate ottenendo un composto liscio e poi avvolgetelo in una pellicola. 
  • Nanni suggerisce riposo di 24 ore, io l'ho fatto riposare 3 ore ed era ben solido e compatto
  • Stendete l'impasto direttamente su carta forno, ricavate le forme e togliete gli eccessi
  • Naturalmente rimpastate gli eccessi, ricavando altre forme, fino ad esaurimento
  • Cuocete in forno a 160°. Nanni dice 20 minuti, a me ce ne sono voluti quasi 30...regolatevi! ;-)





Chicken McNuggets Home made

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E' stato il mio compleanno lo scorso giovedì e ho passato una bella giornata. Per prima cosa mi sono presa un giorno di ferie e per seconda cosa l'ho fatto prendere alla mia Chiara :D

Svegliata da una dolce pioggia, perché anche la pioggia non mi da più fastidio quando mi sento bene. Risveglio dolce, quindi, e lento. Senza fretta, senza ansie. La colazione seduta. Non c'è niente che amo come sapere di avere tempo a disposizione. Per fare ciò che voglio. Questo è il regalo che mi sono fatta da sola ed è il più bello che potessi concedermi.

Chiara mi ha portato in casa il profumo della pioggia e il suo sorriso che è il mio rifugio. Caffé, due chiacchiere, e poi ...che cos'è quel paccone? Diomio, cosa ci sarà dentro? Ma devo scartarlo subito? Che domande. Tre secondi e strappo tutta la carta, perché non so aspettare. Che sorpresa incredibile...la gelatieraaaaaa!!! La volevo, l'avrei comprata a breve...e invece lei mi ha battuto sul tempo. Ma io tutto mi sarei aspettata meno che quella. 

Quest'anno le persone importanti della mia vita mi hanno fatto regali meravigliosi. Devo dire che ogni anno si superano. Quest'anno sapendo tutti della mia passione per la cucina e per questo blog, ogni idea è stata convogliata sul tema e c'è stato un giro di e-mail tra loro per organizzare i regali. Ve lo devo dire quanto fremevo? Sapevo che si scrivevano, ma non c'è stato verso di avere indizi. E una di queste pestifere era la mia dolce Valentina, amica e sorella e solo dopo è mia collega. A un metro da me, in ufficio, la sentivo ridere sotto i baffi per i loro segreti (ma tanto me la pagherà :D)

La mattinata io e Chiara l'abbiamo spesa da Eataly, gironzolando tra uno scaffale e l'altro, ma il mio carrellino era pieno di farine e camminando la mia mente era già altrove, sognando tutte le cose avrei potuto farci. Ero già lontana da lì. Ci siamo accorte poi dalle vetrate che era tornato il sole e infatti arrivate all'uscita abbiamo constatato che quel povero cristo di cassiere era costretto a lavorare con gli occhiali da sole perché ce l'aveva dritto puntato in faccia. Una risata me la sono fatta, e anche lui, che m'ha capita.
Tutta arzilla con le mie preziose farine, ho passato parte del pomeriggio ai fornelli, in attesa della cenetta con Chiara e Vale. Un cena allegra e affettuosa, dove sono stata affettuosamente presa in giro per la mia pignoleria in cucina. Cenetta in stile fast food, dove ho proposto questi panini con annessi cartocci di patatine, e ho voluto fare anche queste crocchettine di pollo che sono deliziose e super veloci da fare. La panatura l'ho fatta con pangrattato fatto in casa piuttosto grossolano e corn flakes sbriciolati: una croccantezza e un aroma unici! La ricetta l'ho presa da Martina (grazie Marty!!!!).
Io ho preferito cuocerle in forno, e devo dire sono ottime.

Ingredienti:

1 petto di pollo intero, disossato
2 uova
Pangrattato
Corn flakes
Sale
Olio extra vergine (se fate in forno)
Olio di arachidi (se friggete)

Procedimento:
  • Tagliate a cubetti il pollo
  • Preparate due ciotole: in una sbattete le uova con un pò di sale. Nell'altra unite pan grattato e corn flakes stritolati grossolanamente tra le mani
  • Passate i cubetti di pollo prima nell'uovo e poi nel composto di pan grattato
  • Mettete i cubetti in una teglia anti aderente, irrorate con un filo di olio e mettete in forno fino a completa doratura. 


Di fieno e di sole: pane coi semini

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Farine. Prima non ci facevo troppo caso. Si, le compravo pensando di essere attenta...del supermercato prendevo le più costose. Ma non dedicavo loro l'attenzione che gli dedico oggi. Diciamolo pure, che da quando è nato questo blog, pochi mesi fà, io sono cambiata tanto. La mia coscienza di cuoca è cambiata (oddio, cuoca è una parola grossa, ma voi passatemela). Certo, dalle mele non nascono pere, quindi i semini dentro di me erano buoni. Buone basi c'erano già. 
Ma io vi dico questo: c'è un mondo dietro ogni cosa e c'è il mondo da imparare. Ma questo mondo dobbiamo volerlo accogliere, per saperlo

Quando ero piccola ero già così: mi piaceva capire le cose intorno. Brutta faccenda alle volte, ma che porta anche dei frutti. E anche da grande questa caratteristica mi è rimasta. Quella di voler capire e quella di immaginare sempre cosa ci può stare dietro ogni cosa. 

Io se vado al ristorante, mentre mangio una pietanza, non guardo la pietanza. Io mi immagino il cuoco che l'ha preparata per me, immagino la cucina, e i gesti che lui ha fatto per prepararmela. 
Se guardo un film, invece delle scene, vedo le telecamere di fronte, e i macchinisti, e i truccatori e il buio oltre  di loro. 
Quando leggo un libro, immagino l'autore mentre lo scriveva: la sua scrivania, la sua postura, una tenda che svolazza vicino a una finestra aperta. 
A una persona che mi si presenta davanti, io osservo le mani e immagino il mestiere che fa, guardo i particolari e sogno la loro storia: di una cicatrice, di un taglio di capelli, di un trucco accentuato. Tutto. 
E la mia mente annota. Annota sempre. Scrivo coi pensieri altri pensieri: discorsi interi, domande e risposte. Domande senza risposte. La mia mente non sta mai a riposo, le parole e i pensieri mi fanno rumore in testa. Eppure non sono finita da uno psichiatra. Non ancora. 

La magia vera è che io immagino le storie. Anche guardando queste farine, io immagino chi le ha macinate per me. Immagino in un certo senso la storia che le ha portate fino a me. 

Piero aveva insistito tanto per queste farine e io alla fine le ho provate. Solo mettere la mano in quei sacchetti valeva il viaggetto che avevo fatto in macchina per andare a prenderle. Annusarle e metterle in bocca crude, valeva la fatica per portarle tutte fino alla macchina, da sola. Ma quando le ho assaggiate cotte, con una pizza prima, con il pane dopo, allora hanno preso veramente il loro valore. Sapete quando uno dice in modo sincero Soldi ben spesi? Ecco, proprio questo. E allora sorrido e mi dico che ho ragione quando dico compriamo poco e compriamo bene

Quando ho avuto le farine, Piero mi ha fatto un regalo grande. Mi ha detto prova il mio pane. Non c'è stato bisogno che insistesse, perché mi sono messa all'opera appena ne ho avuto il tempo. Un amico così appassionato che ti dona una sua ricetta, merita per forza che tu la accolga. Si si, ricette sue ne ho fatte tante, ma questa è diversa, perché lui in un certo senso me l'ha regalata. 

Ho impastato quindi, maneggiando queste farine così profumate. L'impasto già da crudo profumava di fieno e di sole. Non vi dico invece quando il pane era in cottura, con questo profumo sparso in aria, accompagnato da una luce bellissima che veniva da fuori e che invadeva la cucina, da una giornata tersa, soleggiata e freddissima. Sfornare questo pane è stato meraviglioso. Tagliarlo e assaggiarlo, più tardi, è stato una gioia. Poi l'ho riposto in un sacchetto del pane, di quelli di carta, e l'ho appoggiato su un ripiano della cucina. La sera, prima di andare a dormire, ho bevuto il mio solito bicchiere d'acqua e passando ho rivisto il sacchetto. Ho avvicinato il naso e attraverso la busta di carta si sentiva prepotente quel profumo. 

Ho sorriso. 

Sì sì, sa proprio di fieno e di sole. 
Buonanotte.
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Le farine usate per questo pane sono tutte del Mulino Marino

Ingredienti:

250 g farina  manitoba
35 g farina di segale
65 g farina di grano saraceno
150 g setaccio
325 g di acqua
6 g di lievito di birra fresco
6 g di sale
1 cucchiaio di olio extra vergine
Semi di zucca e di girasole a piacere

Procedimento:
  • Si tratta di un impasto diretto, quindi sciogliete il lievito in acqua e unitelo a tutti gli ingredienti. 
  • Impastate fino ad ottenere un composto uniforme. 
  • Su un piano da lavoro leggermente infarinato, fate una palla con l'impasto usando la tecnica della pirlatura (che potete vedere in questo video).
  • Mettete in un recipiente e fate lievitare fino al raddoppio (il tempo di lievitazione varierà in base alla temperatura della casa...il mio ha impiegato 5 ore in una giornata particolarmente fredda).
  • Una volta lievitato, rovesciate l'impasto sul piano, formate un filoncino della grandezza di uno stampo da plum cake e mettetelo nello stampo coperto a raddoppiare. 
  • Infornate a 240° per i primi 10 minuti e poi a 200° fino a cottura.



Le mani lo sanno già: la pizza di Salvatore

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Ormai quando sfoglio un libro di cucina, o una rivista a tema, giudico una ricetta dalla quantità di lievito presente. E pensare che non ero così. Ho iniziato ad esserlo frequentando il blog di Vittorio e, subito dopo, il blog di Piero. In pochissimo tempo ho iniziato a ridurre drasticamente l'uso del lievito e a sperimentare ricette sempre più leggere, sempre più vicine al chicco di lievito.

Ci ho messo veramente poco a iniziare a diffidare di certe ricette. Sono sicura che questa nuova consapevolezza mi stava aspettando, dovevo solo trovare la strada.  

E oggi mi sento felice. 

Felice di avere voglia di imparare.
Felice di conoscere qualcosa in più ogni giorno. 
E ogni giorno meglio. 
Felice di trasmettere agli altri le piccole cose che so.
Felice di fare e disfare ogni week end, alla ricerca della ricetta dei miei sogni.

Appena Piero mi ha segnalato questa pizza di Salvatore, è stato un tutt'uno vederla e avere frenesia di provarla. Un attimo. Un soffio. Non c'è stato bisogno di decidere, le mie mani lo sapevano già. E quando Piero, qualche giorno prima di me, l'ha provata, sentire le sue parole mi ha fatto crescere l'urgenza. 
"E' uno spettacolo!", mi ha detto allegro.

Faccio la pizza da poco, e questo in assoluto è il mio miglior risultato. Salvatore incorda a mano, io ho usato la planetaria perché sono ancora molto inesperta. Mi rifarò. 
Ad ogni modo il mio vero intento era quello di provare questa combinazione di ingredienti...l'ho fatta già due volte e la rifarò ancora, voglio che tutte le persone a me care assaggino questa meraviglia. Merito anche delle farine nuove che sto usando, macinate a pietra. Credo che non potrò mai più cambiare. La pizza sprigiona in bocca un aroma unico, ed è una nuvola, tanto è leggera: 2,25 grammi di lievito sono un sogno per chi ama panificare. 
Vi invito e vi esorto a provarla.
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Se vi interessa l'argomento e vi fa piacere, date un'occhiata 
alle mie spighe con 2 gr di lievito, o al mio pane senza lievito
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Ingredienti:

Per il poolish

150 gr di farina manitoba (io 70% manitoba, 30% farro)
250 gr di acqua
0,75 gr di lievito di birra fresco
3 gr di sale

Per l'impasto finale

150 gr di farina manitoba (io 70% manitoba, 30% farro)
1,5 gr di lievito di birra fresco
3 gr di sale
15 gr di olio extra vergine

Procedimento:
  • Iniziate preparando il poolish, sciogliendo il lievito nell'acqua e aggiungendoci poi la farina e il sale
  • Mescolate bene con una forchetta, coprite e lasciate riposare 10 ore a temperatura ambiente.
  • Quando il poolish arriva a maturazione, cioè quando sulla superficie si formeranno tante piccole bollicine e al centro noterete una fossetta, sbriciolateci dentro il lievito dell'impasto finale, aggiungete la farina e inziate a impastare fino ad incordare.
Il poolish pronto a dare la vita
  • Molto lentamente, aggiungete l'olio. Poco per volta, fino a completo assorbimento.
  • L'impasto dovrà presentarsi liscio e ben incordato.
  • Mettete l'impasto in un recipiente oliato e fate lievitare coperto fino al raddoppio.
  • Su un piano un pochino infarinato rovesciate l'impasto e fate una piega a portafoglio.
  • Fate riposare 30 minuti, poi accendete il forno e:
  1. Se avete la pala e la refrattaria, stendete la pizza e mettetela sulla pala. Pennellate delicatamente di olio, cospargete di sale grosso, infornate sulla refrattaria e portate a cottura.
  2. Se avete una teglia normale, spolveratela di farina di grano duro, stendete l'impasto e mettetelo in teglia. Pennellate delicatamente di olio, spolverate di sale grosso e infornate alla temperatura più alta del forno sul piano basso per 7/8 minuti, poi terminate la cottura nel piano centrale.


Quadrucci

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Qualcuno che mi legge da un pò, sa che la pasta fresca fatta in casaè una mia grandissima passione, seconda solo ai lievitati. Questo lo devo a mia Nonna. Da piccola la domenica era una festa perché con Nonna si faceva la pasta in casa. Io stavo sempre al suo tavolo da lavoro, con la faccia arrivavo poco sopra il bordo e l'aiutavo come potevo: il ricordo più nitido è di quando le giravo gli gnocchi. Ricordo ancora oggi l'odore di quelle domeniche. Mia Nonna faceva volare la farina tra le mani. Aveva mani con la pelle sottile, pelle scura che lasciava intravedere fasci di vene che ai miei occhi di bambina sembravano infiniti. Aveva la vita nelle mani. Me la ricordo sempre, nonostante sia mancata troppo presto. Me la vedo davanti agli occhi con le sue bellissime rughe, solchi di storia incisi sulla sua pelle. La stessa storia che mi ha portato fino a qui, oggi.

Devo a mia Nonna e mia Mamma molto di quello che sono oggi, e specie in cucina. Loro mi hanno insegnato con discrezione e umiltà molte delle cose che so. Mi hanno tramandato gesti, più che ricette. E sono quelli che ripeto oggi, a distanza di anni, anche inconsapevolmente, con le mani vanno da sole, come ho detto più volte. Gesti che ripeto ancora e ancora, per tenerli a memoria e per non dimenticarli, e che spero un giorno di lasciare a qualcuno affinché la storia possa ripetersi.

Sempre e per sempre.

Ingredienti per 4 persone:

3 uova
farina
un pizzico di sale

Procedimento:
  • Sulla spianatoia ho fatto una fontana di farina. 
  • Al centro ho rotto le uova e ho aggiunto un pizzico di sale.
  •  Ho iniziato a sbattere le uova amalgamando a poco a poco la farina, continuando poi a impastare con le mani, fino a ottenere un composto liscio ed omogeneo. 
  • Ho tirato la sfoglia con la macchinetta e l'ho lasciata riposare circa 30 minuti. 
  • Ho tagliato la sfoglia a fettuccine
  • Ho raggruppato le fettuccine e le ho tagliate in quadrucci





Gnocchi di broccoli e patate ripieni di taleggio

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Chi l'ha detto che gli gnocchi ripieni li fa solo Giovanni Rana? :D
Questi gnocconi li avevo fatti anni fa, una sera che avevo gente a cena. Poi un giorno mi sono rivenuti in mente e ho ritentato. Siccome non ho una ricetta, ho fatto a occhio e me ne sono venuti tanti. Parte li ho usati per una cena, un'altra parte l'ho congelata ;-)
Mia madre mi ha pure sgridata, "quando fai le cose per il blog devi pesare!!" ._.
Ha ragione. Vi chiedo scusa! E' che veramente la pasta fresca io l'ho sempre fatta a occhio ed è difficile cambiare certe abitudini. Ho cercato di ricostruire le quantità, ma calcolate che così me ne sono uscite 8 porzioni. Secondo me, mettendo le mani in pasta, vale la pena farne di più per averli pronti per una seconda volta...ma se non la pensate così, riducete in base a ciò che vi occorre.
In ogni caso le dosi consideratele indicative, ok? 

Un'altra cosa: gli gnocchi devono essere gnocconi, nel senso che devono venire grandi. Fate a occhio, comunque i miei erano più o meno della grandezza di una noce. Li ho conditi con burro e salvia, ma anche con il pomodoro sono eccezionali. 

Che ne pensate?

Ingredienti per 8 persone:

400 gr di broccoli
400 gr di patate
Farina
1 uovo
2 prese di sale
120 gr di taleggio circa

Procedimento:
  • Ho lessato le patate, le ho pulite e schiacciate
  • Ho lessato i broccoli e li ho frullati
  • Al centro del piano di lavoro, ho fatto una fontana con le patate e i broccoli, con una abbondante pioggia di farina. 
  • Al centro ho rotto un uovo, aggiunto due prese di sale e iniziato a sbattere le uova con una forchetta.
  • Con le mani, a questo punto, ho iniziato a impastare portando verso il centro la polpa di verdure e la farina.
  • A mano a mano che impastavo ho aggiunto farina per quella "che prendeva". 
  • Quando l'impasto è stato pronto, ho tagliato piccoli cubetti di taleggio. 
  • Ho iniziato a formare i miei gnocchi posizionando nel palmo della mano un pò di impasto (circa una noce), spingendoci al centro il cubetto di taleggio e richiudendo, formando la pallina con  un movimento circolare tra i due palmi.


Di questi mutamenti: farinata di ceci

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Dal Treno 
Guardavo passarmi davanti le donne,
le presenti e le future,
i paesaggi
e i pali del telegrafo,
ho visto il giorno e la notte
succedersi in silenzio.
Scendero' giu' a qualche stazione
pazzo di questi mutamenti di colori e linee
per comunicarti
che al cinquecentesimo chilometro dell'amore
ti amavo esattamente come al primo. 
Izet Sarajlic - 1953
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Ingredienti:

300 gr di farina di ceci
800 ml di acqua
Mezzo bicchiere di olio extra vergine 
Sale
Pepe
Rosmarino
Olio per oliare la teglia

Procedimento
  • Preparatevi tutti gli ingredienti
  • In una ciotola setacciate la farina di ceci e nel mezzo versateci poca acqua
  • Iniziate a sbattere dal centro con la forchetta, amalgamando pochissima farina per volta, per evitare che si formino grumi. 
  • A mano a mano aggiungerete poca acqua, sempre stando attendi a non formare grumi. Abbiate la pazienza di andare piano e non avere fretta. Il composto alla fine dovrà essere assolutamente liquido e setoso. 
  • Mettete poi un coperchio e lasciate riposare 4 ore a temperatura ambiente. 
  • Passate le 4 ore, aggiungete il sale (io non l'ho pesato, credo potessero essere circa 10 gr). 
  • Aggiungete mezzo bicchiere di olio extra vergine e mescolate bene. 
  • Noterete che la consistenza sarà leggermente cambiata, si presenterà un pochino più pastosa. 
  • Ora, oliate abbondantemente una teglia da forno e versateci dentro il liquido. 
  • Sulla superficie, spolverate del pepe a piacimento e spezzettate il rosmarino
  • Mettete in forno prerisacaldato a 210° per circa 30 minuti, poi 15 minuti con il solo grill, fino ad ottenere una superficie ambrata.




Treccia russa con cioccolato

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Ve la ricordate questa sfida di Piero?
Era nata tutta una tarantella co' sta treccia russa...la mia ve la ricordate? Piero ne ha modificato un pò la ricetta e ha lanciato una sfida...rifarla con lui per condividere una sua invenzione. Figuriamoci se mi tiravo indietro! E' che io mi diverto davvero a fare e disfare, e mi diverto tanto a fare le cose insieme a chi ha per la cucina la mia stessa passione. 
Però una fregnaccia l'ho fatta! Ho formato la treccia come quella originale e mi sono persa mezza cioccolata per strada....un genio vero? :D
Io alla fine ho cercato di prendermi poco sul serio, e ve la pubblico così com'è venuta, ma voi, se per caso decideste di farla, seguite le istruzioni di Piero;-)

Variando le dosi così come indicate da Piero, diminuendo quindi la farina, la treccia ne guadagna in leggerezza e ariosità. La prima versione, infatti, veniva più compressa.
Inoltre, vi suggerisco di provare la crema al cioccolato che Piero ha gentilmente messo a nostra disposizione perché è deliziosa. L'aroma è spettacolare, prevale il profumo di zeste di arancia, che unita al cioccolato fondente crea un connubio paradisiaco. La proverete, giusto? :))
 
Ingredienti:

400 g farina manitoba
145 g di latte
70 g burro
90 g zucchero
2 uova
8 g lievito di birra
Zeste di arancia
2 cucchiai di liquore all'arancia

Crema da forno al cioccolato (inventata da Piero)

150 g latte
90 g panna
3 tuorli
120 g zucchero
15 g fecola
Zeste di una arancia
2 cucchiai colmi di cacao (da mischiare alla fecola e poi alle uova)
75 g cioccolato fondente 70%

Procedimento:
  • Per fare l'impasto della treccia seguite il procedimento che c'è qui, fino alla stesura dell'impasto con il mattarello.
  • Intanto preparate la crema: in un pentolino portate a bollore il latte e la panna, a fuoco basso. 
  • Nel frattempo, montate con le fruste lo zucchero insieme ai tuorli. 
  • Aggiungete zeste di arancia, la fecola e mescolate bene. 
  • Appena il latte viene a bollore, togliete il pentolino dal fuoco, aggiungete il composto coi tuorli mentre con l'altra mano girate con una paletta di legno energicamente. Rimettete sul fuoco il pentolino e continuate a girare energicamente fino a che vedrete la crema addensarsi. 
  • Subito prima che la crema si addensi, aggiungete il cioccolato fondente tritato finemente e fate sciogliere.
  • Spegnete il fuoco e continuate a girare ancora qualche minuto, facendo sfumare. 
  • Ora a questo punto, la crema va spalmata sull'impasto steso e subito dopo bisogna arrotolare e porre l'impasto in uno stampo da plum cake a raddoppiare. 
  • La treccia va cotta in forno a 180°


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Approfitto di questo post per mostrarvi altre due cose:

La variante della stessa treccia, ma spolverata all'interno con cannella 
e gocce di cioccolato

Un'altra treccia che ho confezionato e regalato alla mamma 
di una delle mie più care amiche :')

La lucidità di Pasolini e la focaccia di Giorgio Locatelli senza impasto

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ALLA MIA NAZIONE

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico 
ma nazione vivente, ma nazione europea: 
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti, 
governanti impiegati di agrari, prefetti codini, 
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi, 
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti, 
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino! 
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci 
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti, 
tra case coloniali scrostate ormai come chiese. 
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti, 
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente. 
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare 
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male. 
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo. 

Pier Paolo Pasolini, La religione del mio tempo, 1961


_______________________

Questa focaccia l'avevo promessa a molti di voi, in particolare alla mia amica Patty...adesso Patty non hai scuse, eh! questa la devi provare bedda mia ;')
La particolarità di questo impasto è che non si deve maneggiare con le mani durante la preparazione. Si uniscono solo gli ingredienti mescolando con una spatola. Stop! L'unico momento in cui userete le dita, sarà per stendere la focaccia e picchiettarla.

Io come al solito ho apportato delle modifiche. La più importante è la diminuzione del sale...non so come faccia a girare in rete una ricetta con 25 gr nell'emulsione, che sono davvero troppi. Qui non si parla di avere una focaccia salata, ma di avere una focaccia IMMANGIABILE!
E poi naturalmente il lievito...10 gr invece di 15.

Ingredienti

500 gr di farina 00
300 ml di acqua
15 gr di lievito di birra fresco (io 10 gr)
2 cucchiai di olio
10 gr di sale

Per l'emulsione

65 ml di acqua 
65 ml di olio
25 gr di sale (io 12 gr)

Procedimento
  • In una ciotola versate la farina e al centro l'acqua in cui avrete sciolto il lievito
  • Aggiungete il sale e mescolate con una spatola.
  • Ungete la superficie dell'impasto con 2 cucchiai di olio, coprite e fate riposare 10 minuti. 
  • Dopo 10 minuti rovesciate l'impasto in una teglia con carta forno.
  • Coprite e lasciate riposare altri 10 minuti
  • Infarinate la punta delle dita e stendete l'impasto, velocemente, su tutta la superficie della teglia..
  • Coprite e lasciate riposare 20 minuti
  • Nel frattempo preparate l'emulsione con acqua, olio e sale. 
  • Sempre rinfarinando la punta delle dita, create dei buchi spingendo tutta la superficie dell'impasto.
  • Versate l'emulsione sulla focaccia e cuocetela in forno preriscaldato a 220° per circa 30 minuti


    Allora, ragazze, quando la rifate? :')

    Farfalline tricolore

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    Di solito tutti i miei esperimenti culinari li faccio nel week end. Questo già da un pò. Mi trovo bene a sperimentare quando ho più tempo libero. Per il week end appena trascorso mi ero detta che non avrei fatto nulla. Un pò per smaltire le cose che ancora devo pubblicare, un pò perché sono in procinto di partire e volevo fare le ultime cosette che si fanno di solito in queste occasioni. Secondo voi ho rispettato questo mio intento? Ovviamente no! :D mi faccio ridere da sola, perché venerdì sera in preda alla noia mi sono ritrovata a fare queste farfalline, giuro, senza nemmeno rendermene conto :D 

    Forse è perché mi rilassa lavorare con le mani...credo sia questo il motivo. Era un pò che volevo rifarle, queste farfalline, e finalmente ci sono riuscita. Ai tempi in cui le avevo sperimentate non avevo ancora un blog. 

    La ricetta....non è una vera ricetta.

    Ho preparato tre impasti 
    1. con uovo e farina
    2. con polpa di pomodoro e farina
    3. con polpa di broccolo lesso e farina
    Fatti gli impasti e tirata la sfoglia, ho ricavato dei piccoli quadratini, tagliati verticalmente con la rotella zigrinata, mentre orizzontalmente li ho tagliati con la lama di un coltello liscio e ben affilato. Ogni quadratino l'ho stretto con pollice e indice unendoli al centro, in modo che si formasse la mia farfallina (aiutatevi con la foto qui sotto).



    le mie farfalline sono finite condite con funghi champignon 
    saltati in padella e prezzemolo fresco per guarnire 
    (senza parmigiano, che altrimenti copre i sapori!)

    ..e queste bellissime violette me le ha regalate la mamma di una
    mia cara amica mentre prendevamo un caffé insieme...
    non sono stupende? :')


    E per finire vi lascio con questa canzone che ho 
    canticchiato tra le mura della cucina in questo week end, 
    accompagnata dall'eco meraviglioso di mia Mamma..


    Parole come viaggi: Brioches sfogliate

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    Sono sempre stata avvolta nella mia mente da un mondo di parole. Tutto quello che pensavo era sotto forma di parole. E' per questa ragione che ho sempre invidiato chi aveva la capacità di pensare con i numeri.
    Tutte quelle persone che a mente fanno calcoli, ma non solo. Tutti quelli che hanno la capacità di guardare il mondo e la realtà di tutti i giorni attraverso i numeri.

    Le parole per me sono state un vizio, una dipendenza, un difetto di fabbrica. Uno sciame sempre in movimento in testa. Le inseguivo già da piccola, quando tuffavo il naso nei libri, o quando la sera, al buio nel letto, le parole mi scorrevano inarrestabili e non riuscivo a fermarle. Avevo sempre un pensiero da trattenere mentre il sonno, alla fine, mi vinceva sovrano. 

    Parole. Parole tante. Che sono sempre con me, anche oggi, anche quando spesso sto in silenzio. Ce le ho in bocca anche quando non so parlare. Anche quando, di parlare, non ne ho più la voglia. Si fermano in gola, al limite. Da sole magari stringono un nodo. Ma ci sono sempre. 

    Le parole sono state viaggi. Appunti su quaderni. Macchie d'inchiostro disordinate. Una parola mi sembrava più bella di un'altra, un suono migliore di un altro. Ho scritto parole su scontrini, strappi di cartone, volantini: ferma al semaforo, seduta e disciplinata durante una fila dal dottore. C'è stato sempre nella mia vita un momento che sfuggiva e io che ne prendevo appunti: una canzone passata alla radio, i versi di una poesia recitata, uno stralcio di un film.

    Le parole le ho cercate nella musica più che in ogni altro altrove, dove cercavo di far mie storie vicine e lontane.

    Vengo da questa evoluzione, da questo cammino. Vengo da qui. Non è mai vero quando diciamo di non sapere da dove veniamo.

    E mi ritrovo così un venerdì sera a fare un viaggio in macchina. In principio penso alla noia, sbuffo al primo stop, poi mi ricordo che ho l'mp3 in borsa. Ci frugo dentro, senza togliere gli occhi dalla strada, metto quei bottoncini nelle orecchie, faccio on e un pò distrattamente inizio ad ascoltare la mia musica. Le luci, la strada, l'eterno movimento. Quella distrazione però dura poco, perché senza rendermene conto, mi ritrovo dentro il viaggio. No, no, non il viaggio che compio sulla strada, ma un viaggio nelle parole. E le parole sono di qualcuno che ha saputo raccontare storie musicandole. Un Uomo che l'ascolti e ti sembra di leggere un libro. Parole come freccette ficcate in un bersaglio.

    Un Uomo che ha saputo scrivere cose come


    o ancora



    Un Uomo che ha saputo mettere in musica lo struggimento dolceamaroin pochi ultimi minuti.

    Che raccontava con la sua bellissima voce il suo elogio della solitudine.
    Quella voce in cui mi perdevo, da giovanissima. Quella voce che cercavo di ascoltar parlare, più che cantare. Che ancora oggi mi fa fare un doppio salto al cuore, che mi ricorda un pozzo profondo, mi da sensazione addosso come di carta abrasiva e insieme velluto. Voce che vibra.

    Penso alla malinconia che mi buca dentro a sapere che grandi Uomini come questo sono irripetibili. Non si duplica un essere umano. Mi viene una tristezza profonda a pensare a quello che avevamo e che oggi non abbiamo più.

    Penso a come mi ha raccontato della varietà umana: avvocati, puttane, stolti e blasfemi...uomini e donne intrecciati nelle sue storie come rovi. Ogni canzone è un racconto. Ogni racconto un viaggio.

    ...E succede con tutti questi pensieri che arrivo improvvisamente a destinazione, la strada per un tempo lungo non è esistita. Il tempo stesso, non è esistito. E penso che peccato, avevo ancora un pensiero da trattenere.
    _______________________________


    Ricetta presa dal blog diAdriano

    Ingredienti:

    500 gr farina di media forza
    100 gr latte intero
    100 gr acqua
    100 gr zucchero semolato
    2 uova
    50 gr burro
    15 gr lievito fresco
    10 gr amido di mais
    9 gr sale
    1 bacca di vaniglia
    Zeste grattugiate di 1 arancia e 1 limone
    250 gr burro per la sfogliatura

    Procedimento:
    • Sciogliere il burro ed unire la scorza degli agrumi, portando ai primi sfrigolii prima di spegnere
    • Portare a bollore il latte con la bacca di vaniglia aperta e raschiata. 
    • Lasciare in infusione fino a che intiepidisce, dopodiché filtrare. 
    • Riportare il peso a 100 gr, unire l’amido e portare a 67°, mescolando con una frusta. In mancanza del termometro fermate la cottura non appena addensa. Lasciate raffreddare.
    • Mescolare nella ciotola della planetaria la cremina con metà dell’acqua e gli albumi. 
    • Unire tanta farina quanto basta per legare l’impasto con la foglia (circa 300 gr), quindi coprire.
    • Nel frattempo sciogliere il lievito e una puntina di cucchiaino di zucchero nell’acqua rimanente, leggermente intiepidita. Mescolare 50 gr di farina e copriamo.
    • Quando il lievitino sarà maturato (circa mezz'ora), unitelo all’altra massa con una manciata di farina e lasciate legare a bassa velocità con la foglia.
    • Unire un tuorlo e la metà dello zucchero e, poco dopo, una manciata di farina per ricompattare l’impasto.
    • Con il secondo tuorlo unire lo zucchero rimanente ed il sale.
    • Inserite lentamente il burro aromatizzato, alternandolo con la restante farina.
    • Montate il gancio e lasciate impastare per qualche minuto
    • Date all’impasto una forma rettangolare appiattita, coprite con pellicola e trasferite in frigo per un paio d’ore.
    • Tirate fuori l’impasto dal frigo, stendete con il mattarello in una sfoglia rettangolare alta poco meno di un dito.
    • Appiattite il burro in un foglio di carta da forno infarinato, arrivando ad una dimensione poco meno della metà della sfoglia.
    per praticità chiudete i bordi e modellate con un mattarello
    • Sistemate poi il burro nella metà inferiore della sfoglia, curando di lasciare un dito di bordo libero; chiudete con l’altra metà e sigillate i bordi esterni.
    • Stendete in un rettangolo regolare di circa 1cm di spessore, fate dellepieghe di tipo 1. Avvolgete nella pellicola e trasferite in frigo per 45’.
    • Ripetere l’operazione per altre due volte.
    • Stendere la pasta ad uno spessore di circa 8 mm, tagliare via i 4 bordi esterni.
    • Tagliare delle strisce di circa 3 cm, allungatele con un mattarello, arrotolatele e sistematele negli stampini imburrati.
    • Coprite con la pellicola e lasciate triplicare
    • Pennellate con albume e infornate a 190° fino a cottura (15/20 minuti)



    "Evaporato in una nuvola rossa 
    in una delle molte feritoie della notte 
    con un bisogno d'attenzione e d'amore troppo"
    "Potevo attraversare litri e litri di corallo 
     per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci"

    CI VEDIAMO DOPO LONDRA! 
    BACI 

    Fish & Chips

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    Ci sono viaggi - come certe altre situazioni - in cui tutto va bene. Tutto si incastra perfettamente, le cose sono  consequenziali e si legano in modo fluido tra loro. Devo dire che questo è il profilo di molti miei viaggi, nonostante quelli degli ultimi anni siano stati viaggi complessi. Anche quando sono stati complessi, posso dire che tutto è filato liscio. Non è andata così con Londra. L'ho sentito dentro di me dal primo giorno, che non sarebbe stato un viaggio soltanto difficile, ma storto. E la mia sensibilità non mi ha tradita. Tutto ci è andato storto. O quasi tutto. 

    Dalla pioggia che ci è caduta addosso per due giorni e che mi faceva tornare in albergo con i jeans zuppi fino al ginocchio, alla chiusura di due linee della metropolitana, per poi passare alla chiusura al pubblico di Westminster Abbey nel giorno in cui avevamo programmato di vederla noi, il freddo nelle ossa, una città sì molto bella, ma che ci è apparsa grigia come il nostro umore. L'impossibilità di fotografare. Non ho mai fatto un viaggio con così poche fotografie. 

    Ma il massimo l'abbiamo raggiunto al ritorno. Partiamo da Londra per l'aeroporto di Gatwick che nevica e siamo sotto lo zero, un freddo che ci taglia la faccia e tutti i pensieri. A 10 minuti dall'aeroporto, il treno si ferma per un guasto in mezzo al nulla e così restiamo per un'ora e mezza, congelati dal freddo e in preda al panico per paura di perdere l'aereo. Più che una paura, una certezza, dal momento che arriviamo in aeroporto 4 minuti prima del volo, impanicati e smarriti, e il tipo ai controlli pensa bene di bloccare una delle nostre valige. Per niente, per un niente. Dice che deve ripassare sotto i rulli la sacca con i liquidi. inutile spiegargli che il nostro volo sta partendo...come ragionare con un mulo. La facciamo buttare, recuperiamo le nostre cose e Matteo dimentica la sua cinta. Ce ne accorgiamo troppo tardi......siamo costretti a correre fino al gate. Ma quando arriva? la strada sembra interminabile, stringo la valigia, mi pesa, stringo il piumino, un libro tra le mani, non c'è stato tempo di risistemarci. Corriamo, non sento più le gambe, abbiamo paura di affrontare la perdita del volo, vogliamo solo tornarcene a casa. Mentre corriamo vediamo quel numero, il gate 15 ci appare come un miraggio. Una ciurma di ragazzi corre insieme a noi, ci supera, uno coi capelli rasta lunghissimi si sbraccia e urla da lontano a quelli del gate, come a dire "ci siamo pure noi, aspettateci".
    Quando arrivo in prossimità e vedo che le hostess controllano ancora i documenti, lancio un sospiro e mi fermo a riprendere fiato. C'è confusione, mi vogliono imbarcare la valigia, poi il tipo mi perde di vista e io me la filo. Riusciamo a tornare a casa ancora con qualche problema, in particolare i miei forti disturbi alle orecchie (pensavo me le sarei giocate).

    Non è stato il viaggio perfetto e Londra, seppur bella, non è la città dei miei sogni. Però, passato il trauma del momento, guardo alle cose belle. E diciamo che le cose che salvo e che porterò nel mio cuore per sempre sono due, su tutte.

    La prima è il concerto più bello che ho visto in tutta la mia vita. Ve ne avevo parlato qui, di quanto attendevo questo evento dei Sigur Ròs alla Brixton Academy. Non li avevo mai visti dal vivo. Matteo me lo diceva, con fare di chi la sa lunga, vedrai vedrai. Io non mi aspettavo nulla, volevo solo vederli. Non eravamo in una buona posizione visiva e per giunta non mi hanno fatto entrare con la reflex (peccato!), ma quello a cui ho assistito mi ha devastata. E' stata una delle emozioni più forti della mia vita, la bellezza di quando l'arte incontra l'uomo. Non sapevo più dov'ero e chi ero, Londra non era nulla per me, non eravamo più lì. Ero trasportata in una dimensione nuova, a me sconosciuta. Ero diventata una cosa sola con la musica e con le immagini: i controluce delle violiniste, le immagini che scorrevano su un grande schermo alle loro spalle, il cantante che suonava come se stesse facendo l'amore con gli strumenti, le luci studiate e accurate...tutto ha contribuito ad alimentare le mie emozioni, a farmi avere la certezza che questi ragazzi volessero non solo darci buona musica, ma farci bere la loro arte, e anche oggi a distanza di giorni, mentre ne scrivo ho brividi in ogni punto del corpo. E' stata una scarica emotiva e adrenalinica infinita, immensa, spettacolare. Li ho amati, li ho adorati.
    Quando il concerto è finito eravamo tutti in piedi ad applaudire, non finiva ancora l'emozione, era troppo grande. Il botta e risposta tra me e Matteo è stato questo:
    Prenota subito pure i concerti di Ferrara e di Roma - ho detto categorica.
    Te l'avevo detto! - mi ha risposto tutto tronfio :D

    E poi c'è la seconda cosa che salvo: le risate a crepapelle che ci siamo fatti io e Matteo nonostante tutto. La nostra capacità di riprenderci dai primi due giorni di sconforto, la nostra capacità di ridere dei disastri. Abbiamo riso, riso a crepapelle. Riso in mezzo alla strada, con le lacrime agli occhi e il vento gelido che ci tagliava ma non ci scoraggiava. Le abbiamo sparate a ripetizione, senza sosta, in barba alla nostra sfortuna. Mi sentivo stanca per il tanto ridere, ma più lo ero e più ridevo ancora...siamo stati capaci di ridere sul treno bloccato, mentre mangiavamo, mentre bevevamo. Siamo stati capaci di ridere a star male per una cupcake troppo zuccherata, davanti a un monumento chiuso, per la mia valigia intraprendente (ma come t'è uscita Matté? :D). Non so quante cazzate abbiamo sparato, quante ne abbiamo dette, senza pudori e senza freni, ma so che quelle risate sono la cosa più preziosa di questo viaggio, che mi fanno ancora ridere di gusto mentre da sola scrivo questo post e ascolto la nostra musica, nella calma surreale della mia stanza, intanto che fuori piove ancora.

    Con questa canzone ho conosciuto i Sigur Ròs 
    ...dal vivo è intensa e sublime...

    ____________________

    Fish & Chipsè uno street food originale dell'Inghilterra. Quello che abbiamo mangiato noi facevano schifo - tanto per aggiungere una nota storta :D
    Meglio quelli che mi sono rifatta da sola oggi. Ho fatto un mix di ricette prese dal web, a naso mio, e senza dosi. Risultato ottimo. Almeno questi sapevano di pesce!
    Lo sapete che non amo friggere...io non friggo mai, a meno che non sia necessario. Non solo per la puzza e per la salute, ma proprio per un fatto di gusto. I fritti non mi attraggono. Ma questi vanno fritti per forza...io una prova l'ho fatta, però le cose in pastella non vanno bene con questo tipo di cottura. 

    Ingredienti per due:

    2 filetti di merluzzo
    Farina 0
    Farina di grano duro o fioretto
    Sale
    1 cucchiaio di olio extra vergine
    Birra
    2 o 3 patate

    Olio di semi per friggere


    Procedimento:

                                                        da qui si parte

    • In pescheria fatevi dare dei filetti di merluzzo belli alti
    • Lavateli e tagliateli a striscioline. Asciugateli bene.
    • Pulite due patate, fatele a bastoncini e lasciatele in acqua e sale
    • In un piatto unite uguale quantità di farina bianca e farina di grano duro
    • Aggiungete un pizzico di sale e un pò di birra, girando con la forchetta.
    • La pastella dovrà essere molto densa, regolatevi a occhio
    • Ora mettete l'olio per friggere in padella e fate andare a temperatura (l'olio sarà pronto quando appoggiando un goccio di pastella, inizierà subito a sfrigolare
    • Intanto passate il pesce nella pastella e quindi friggetelo riponendolo su carta assorbente.
    • Asciugate le patatine e friggetele nello stesso olio 
    • Impiattate tutto insieme e il gioco è fatto ;-)


    _________________

    Per chi vuole stare ancora un pò, vi offro un piccolo racconto per immagini 

    Questa l'ho scattata per la mia amica Elle...lei sa :')

    Nuove prospettive, St. Paul Cathedral

    Senza titolo - parla da sola

    bellezze sfrontate al maestoso British Museum

    Brixton Academy la sera del concerto

    Altre prospettive sulle rive del Tamigi

    La fortuna sfacciata di poter vedere la mostra di Lichtenstain 
    alla Tate Modern Gallery

    L'emozione che possono dare immagini mute, 
    alla Tate Modern Gallery

    L'emozione fatta immagini e musica.
    La magia di una serata eterna.
    (Questo è per voi, Sandra e Tamara:
    voi due siete come quei fili di grano che si 
    muovono sullo schermo a metà video!)
    -Perdonatemi se l'audio è osceno-

    come sa essere silenziosa la neve

    - The end - 

    Pane in cassetta

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    E vabbé....il pane...il mio vizio, il mio piacere, il mio paradiso. 
    Ragazzi miei, qua non si scappa....questo pane in cassetta è fenomenale! L'ho fatto un sabato mattina, ne abbiamo goduto in famiglia gustandocelo prima con l'olfatto. Si sa, i pani profumano. Profumano la casa, tutta. La cucina, i corridoi, l'ingresso. I pani sono la quintessenza dell'odore. 
    Ma questo pane....io me lo sento ancora sotto il naso. Un odore così intenso (intenso, capito?) che quasi stordisce. Non lo sto dicendo tanto per dire. Non so che darei per averne ancora. 
    Che poi mi succede una cosa bellissima quando sperimento una ricetta che mi piace, in particolare se riguarda i pani. Se la ritengo valida, mi viene tanta voglia di condividerla. Non so come spiegarlo, ma subito si mette in moto la mia centralina e il pensiero va alle persone che condividono la mia passione per i pani e penso subito "questa la devono provà!". 

    Allora oggi voglio fare questo appello: Tamara, Piero, Sandra? Se ci siete battete un colpo. Mica mi direte di no? La mia non è una richiesta possibilista :D :D :D

    Ovviamente l'invito è valido per tutti....questo pane è troppo buono per non provarlo!
    Che ne pensate? :-) 
    ____________________________________

    Ricetta presa dalla mia bibbia.

    Ingredienti:

    650 gr di farina (io 400 sette effe, 250 farro bianco - entrambe Mulino Marino)
    15 gr di sale
    25 gr di zucchero
    7 gr di lievito istantaneo (io 6 gr lievito fresco)
    400 gr latte intero
    120 gr di burro morbido

    Procediemento:
    • Preparatevi tutti gli ingredienti pesati
    • Nella planetaria inserite farina, zucchero, sale e latte, miscelando a bassa velocità per circa 5 minuti
    • Aumentate di una posizione la velocità e inserite metà del burro a poco a poco, lasciando assorbire.
    • Lasciate lavorare qualche minuto, quindi aggiungete il resto del burro, che produrrà il rumore tipico di sbattimento contro le pareti. Smettete la lavorazione quando quel rumore sarà scomparso. 
    • Scaricate l'impasto in un contenitore pennellato di olio e lasciate lievitare 45 minuti (io 1 ora)
    • Fate delle pieghe di rinforzo, ricoprite l'impasto e lasciate lievitare altri 45 minuti (io 1 ora)
    • Infarinate il piano da lavoro, scaricate l'impasto e dividetelo a metà con la spatola
    • Formate adesso due filoncini, come se voleste fare una baguette per capirci
    • Con la spatola metallica, dividete i filoncini a metà per il lungo
    • Intrecciate i cordoncini a coppie due, con delicatezza. 
    • Sempre con delicatezza, ponete le trecce negli stampi da plum cake oliati
    • Pennellare la superficie di olio, coprire e lasciare raddoppiare (circa 40/50 minuti)
    • Cuocere in forno caldo a 190°: i primi 30 minuti completamente coperti di carta argentata, poi scoperti fino a cottura.



    Pangrattato aromatico

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    Il pan grattato aromatico è molto utile e molto versatile in cucina. Potete usarlo per arricchire diversi piatti: una pasta in bianco, le verdure gratinate al forno, o semplicemente per insaporire alcuni piatti di carne.
    Se volete raggiungere il top, provate ad aggiungerlo ad un piatto di spaghetti con le vongole in bianco...se ci penso svengo!!!
    Di fatto non esistono regole, potete aromatizzarlo come più vi piace, aggiungendo le erbe che preferite. In base all'uso che pensate di farne, potete aggiungere anche una spolverata di parmigiano.
    Io di solito lo faccio così.

    Ingredienti:

    200 gr di pan grattato (io l'ho fatto in casa con il mio pane)
    1 ciuffo di prezzemolo 
    Timo
    1 pizzico di sale

    Procedimento:
    • Fate essiccare in forno delle fette di pane e poi passatele nel mixer riducendo in briciole più o meno grossolane
    • A questo punto aggiungete il parmigiano, il prezzemolo fresco e una spolverata di aglio in polvere.
    • Fate andare ancora il mixer fino ad amalgamare bene il tutto ed eccolo pronto!
    • Se non usate tutto il pan grattato in giornata, potete congelarlo  con questo accorgimento: mettetelo in freezer e smuovetelo ogni mezz'ora, per circa tre volte, in modo che la granella di pane congeli disgregata. In questo modo potrete usarlo all'occorrenza nella quantità che vi serve. 




    E ora per voi un piccolo regalino :)


    Sfogliatine calde con mele e pere

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    Non sono una che da confidenza tanto alla leggera. A volte diffido, altre mi sento timida, altre ancora riservata. Non mi piace accodarmi, in nessuna situazione. Non ho mai nascosto di avere un carattere complicato e poco accessibile. Questo per alcuni versi è un difetto, per altri un pregio. Il pregio è che le cose e le persone che poi scelgo di avvicinare, hanno un certo spessore e un certo valore. Il difetto è che a volte posso perdermi delle cose. Vabbé...la solita solfa del giusto che è nel mezzo.
    Però sono una persona volenterosa e curiosa e soprattutto credo di poter dire di essere in grado di cambiare idea (sia in positivo che in negativo). Sto cercando con molti sforzi di migliorarmi....o almeno di prendere in cosiderazione il problema.

    Perché tutta sta tiritera? Ah, si! 

    C'è una ragazza che ho iniziato a conoscere in punta di piedi, tempo fa. Una ragazza emotiva, come me. Ma forte, salda. Una che sa vivere andando a fondo nelle cose, e che da quel fondo risale, sempre più ricca, sempre più viva. Una che ama parlare colorando le parole delle sue emozioni, e con quelle stesse emozioni colora le sue fotografie...
    Il nostro è stato un avvicinamento lento, che continua discreto e senza eccessi, ma a me piace così.
    A lei ho rubato l'idea di queste deliziose sfogliatine.....quanto tempo è che aspettano la pubblicazione!
    Mary, ti ricordi di tutta la tarantella che t'ho fatto con il rullo per losanghe? :D
    Ecco, come vedi alla fine ce l'ho fatta :)

    Ingredienti:

    1 rotolo di pasta sfoglia retangolare
    1 mela
    1 pera
    2 cucchiai di zucchero di canna
    1 cucchiaio di zucchero bianco
    1 spolverata di cannella (io abbondante)
    Il succo di mezzo limone
    La scorza grattugiata di mezzo limone
    1/2 bicchierino di rum
    1 noce di burro

    Per spolverare

    Zucchero a velo

    Procedimento:
    • In una padellina antiaderente ho messo la mela e la pera tagliate a dadini
    • Ho aggiunto tutti gli ingredienti a seguire
    • Ho lasciato cuocere per circa 10/15 minuti, fino a che la frutta è divenuta tenera e si è formata una cremina densa sul fondo
    • Ho tagliato il rotolo di pasta sfoglia in tanti rettangoli uguali e in numero pari. 
    • Metà li ho lasciati interi, l'altra metà l'ho passata sotto il rullo per losanghe. 
    • Sulle metà intere ho posizionato il composto di frutta
    • Ho chiuso ogni pezzo con un pezzo losangato (mi raccomando chiudere bene i bordi!)
    • Ho messo in forno a 200° per circa 25/30 minuti
    • Ho spolverato le sfogliatine con zucchero a velo

    _____________________________

    E ora...lo so, vi ho frantumato le cosiddette...
    ma vedere questo video ieri ha frantumato me :')
    Io c'ero, io ero lì...e ci sono emozioni che non riusciremo mai a scollarci di dosso.
    Di tutti i video visti sul tubo, io conoscevo tutte le scene.
    Ricordo tutto, ogni gesto, ogni suonata.
    Perché il concerto l'ho vissuto con tutti i sensi, occhi compresi.
    Il mio cuore ha un tuffo strano a rivedere queste immagini.

    Tamara, Sandra, guardate che roba :')

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    Ciabatta al 90% di idratazione con farina Enkir

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    Dai su, potete dirlo. Vi ho rotto le scatole co' sti lievitati. Pane di quà,pizza di là, brioches di su, danubio di giù. Ma la mia è una passione che rasenta il patologico :D Che poi, diciamocelo chiaro: sono un bell'impegno sti lievitati. Non è che ti metti lì, mischi due ingredienti, cuoci e morta lì. No!

    E ci vuole cura per fare l'impasto: pesa bene tutto, scegli le farine, predisponi bene il lavoro...

    E bisogna calcolare bene i tempi: dunque, se oggi comincio, sarò libera domani per ultimare? penso contando le ore sulle punte delle dita .... oppure iniziare pensando di avere pianificato tutto e poi scoprire che proprio nel frangente clou dove la lievitazione è ultimata, avevo un impegno improrogabile, ma l'impasto non lo mollo (manco fosse figlio mio...ma forse un pò lo è).

    E bisogna coccolare l'impasto durante la lievitazione: guai a chi apre porte e finestre, guai a chi si avvicina al mio gingillo, ma io volevo solo prendere una cosa lì vicino! - no, non la puoi prendere!! solo io posso farlo, che ti serve? :D

    Scherzo ovviamente (ma neanche troppo): diciamo che mi piace esasperare questa mia mania così ci facciamo una bella risata e così posso essere il centro delle conversazioni altrui quando raccontano a tutto il creato ma lo sapete che fa sta matta? :D

    Solo quando il pane è cotto e raffreddato, allora mi rilasso. E lì divento aperta e generosa: farei mangiare il mio pane a tutti. Pure se capita il postino, per dire. Non scherzo. Il pane per me rappresenta tutto il mio senso di condivisione. Il cibo in generale, ma il pane di più.

    Questo pane mi ha commossa. Lo puntavo da tanto tempo nel blog di Paoletta. Quando ho avuto modo di realizzarlo, è stato grande amore. L'impasto in questo caso è qualcosa di meraviglioso. Così come anche la struttura del pane una volta cotto: la consistenza, il tipo di alveolatura, tutto! Adesso che è finito me lo sogno a occhi aperti. 

    Spiegavo poi quando l'ho fatto, che di solito i pani che si fanno in casa, sono sì più buoni, ma nell'aspetto non somigliano a quelli del forno. Come dire...se vai in un forno, trovi tante varianti di pane, alcune delle quali sono all'apparenza molto belle. Esteticamente, se metti a confronto un pane di quelli con uno di casa, in bellezza vince quello del forno...almeno la maggior parte delle volte (non voglio dire che è la regola). Poi come qualità il pane in casa invece è sempre meglio, anche quando non ci viene perfetto. 

    Questo pane no! No! Questo non solo è buonissimo perché fatto in casa, ma anche bellissimo!!! Che spettacolo mangiarlo, gustarlo con la bocca e con gli occhi... Voi che ne pensate?


    Ingredienti:

    300 gr di farina manitoba
    100 gr di farina Enkir Mulino Marino
    10 gr di sale
    360 gr di acqua
    6 gr di lievito di birra fresco

    Procedimento:
    • Mettete l'acqua nella planetaria e scioglieteci dentro il lievito
    • Aggiungere 3/4 della farina e miscelate a bassa velocità
    • Aggiungete ora il sale e la restante farina
    • Lasciate lavorare pochi minuti e poi aumentate progressivamente la velocità fino a 2
    • Lasciate incordare
    • Rovesciate l'impasto in una ciotola oliata con coperchio e riponete in frigorifero per 12 ore
    • Dopo 12 ore, togliete l'impasto dal frigorifero e lasciatelo tornare a temperatura ambiente (io l'ho lasciato circa 1 ora)
    • Infarinate il piano da lavoro con farina di grano duro, rovesciate l'impasto con delicatezza e sempre con molta delicatezza, allargate piano piano l'impasto cercando di dare una forma rettangolare. L'operazione va fatta delicatamente perché non vanno compromesse le bolle che l'impasto presenta numerose. 
    una nuvola gonfia e leggera
    • Fate delle pieghe a portafoglio, coprite a campana e lasciate lievitare 1 ora
    • Con una spatola, dividete l'impasto in due, tagliando dal lato più lungo.
    • Ponete le due ciabatte su una placca rivestita di carta forno, molto delicatamente.
    • Spolverate di farina di grano duro, coprite e lasciate riposare 30 minuti
    • Intanto accendete il forno 
    • Passati i 30 minuti, infornate le ciabatte a 240° per i primi 15 minuti, poi ultimate la cottura a 220°
    • Prima di tagliare il pane, lasciatelo raffreddare completamente in posizione verticale.


    Kugelhupf a quattro mani

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    Quanto mi piace quando lancio un sassolino e subito viene raccolto. Amo le persone così.
    Mi succede con Chiara (ve la ricordate Chiara, sì?), quando così di botto la chiamo e..

    «Ah Chià, organizzo per Stoccolma, vieni?»
    «Quando?»
    «Tra un mesetto e mezzo»
    «Ci penso un attimo.....si!»
    :D :D :D

    O con il mio amico Gennaro, quando timidamente gli mando un messaggio

    «Gé, vorrei tanto farti leggere una cosa...quando hai tempo...senza fretta...però ci tengo...però non ti preoc...» (la faccio lunga di solito)
    «Eccomi, mi sto collegando, dammi 5 minuti e sono tutto tuo» non importa in quale luogo del creato sia, lui troverà il modo di raggiungermi.

    O la mia amica Vale, che è sempre piena di impegni, ma...

    «Ciccia, vieni a cena da me?»
    «Fammi pensare...quando?»
    «Ma stasera!!!» faccio come per dire una cosa ovvia
    «Ok!» ride

    O come è successo con Piero.

    «Mmmmm, Pié... facciamo qualcosa di bello, una ricetta, un lievitato difficilotto, dai. Pensaci e poi mi dici»
    zicchete, zacchete
    «Questa, Miché, famo questa»
    «E questo che è?»
    «Un kfjhfhnfff»
    «Un che???»
    «Un kugelhupf o come se ghiama» :D
    «Ce sto!»

    Ed eccoci alle luci della ribalta, noi due, i Gianni & Pinotto del web :D ahahahahah

    Ma cos'è questo kfjhfhnfff, o come se chiama? E' un dolce lievitato dall'impasto favoloso. Come spiegarlo? Una volta incordato viene lucidissimo e super morbido....meraviglioso. Quando l'ho tirato giù dal gancio mi sembrava un sogno. A occhio, mi sembrava che lo zucchero fosse poco. Poi quando l'ho assaggiato ho capito. Questo dolce deve essere poco zuccherato, perché il fatto che ci sia poco zucchero risalta l'impasto. Lo sa bene Chiara, che questo dolce ha avuto la fortuna di assaggiarlo. Io e lei amiamo i dolci poveri di zucchero, ho pensato subito che lei dovesse provarlo, gliel'ho portato in direttissima a casa :D

    Con Piero abbiamo deciso di comune accordo di diminuire burro e lievito.
    Poi qualche altra correzione, che secondo me fa guadagnare al dolce. Io non ho messo l'uvetta e i canditi («Ah Pié, se ce metto uvetta e canditi a casa mia me lo tirano dietro!!!» :D), e ho abbondato di cioccolato fondente. Lui l'ha fatto con la ricetta originale, ma neanche ho fatto in tempo a dirgli che con il cioccolato era superlativo, che già stava con le mani in pasta un'altra volta :D

    SPETTACOLO!

    Qui vedete la realizzazione di Piero.
    Qui la ricetta originale di Paola.

    Ingredienti:

    300 gr di farina manitoba
    150 gr di  burro (io 120 gr)
    75 gr zucchero,
    10 gr lievito di birra fresco (io 8 gr)
    50 gr Latte
    75 gr di  acqua
    2 uova
    2 tuorli,
    25 gr di uvetta sultanina o gocce di cioccolato (io 100 gr di  solo cioccolato)
    25 gr di arancia candita (io non li ho messi)
    5 gr di sale (io 6 gr)
    Zeste di 1 arancia
    1 cucchiaino di miele

     Mandorle per la decorazione
    1 Stampo della capacità di 2 lt. di acqua

    Procedimento:
    • Nella planetaria mescolate l'acqua appena tiepida con il lievito e 75 gr di farina
    • Coprite e lasciate gonfiare per 45 minuti.
    • Unite gli albumi, la farina e il latte mescolando con il gancio a foglia a bassa velocità
    • Unite 1 tuorlo, lasciare assorbire
    • Aggiungete gli altri 2 tuorli e metà dello zucchero, lasciando incordare.
    • Unite l'ultimo tuorlo e il resto dello zucchero, lasciando incordare
    • Aggiungete lentamente il sale e poi, poco per volta, il burro ammorbidito in piccoli pezzetti.
    • Incorporate le zeste di arancia e aumentare la velocità per incordare molto bene. 
    • Gli ultimi due minuti, incorporate la cioccolata sminuzzata
    • L'impasto deve presentarsi molto lucido e morbidamente elastico
    • Il mio impasto è stato pronto dopo circa 20 minuti
    • Aiutandovi con una spatola, ponete l'impasto in una ciotola con coperchio, lasciate riposare 30 minuti a temperatura ambiente e poi mettete in frigorifero per circa 8 ore.
    • Tirate l'impasto fuori dal frigo e mettetelo su un piano infarinato, facendo delle pieghe di tipo 2.
    • Con la giuntura verso il basso, arrotondate la palla e fare un foro al centro con un dito
    • Imburrate il tipico stampo, ponete sul fondo delle mandorle e appoggiateci sopra la ciambella di impasto
    • Coprite bene e lasciate lievitare fino al raddoppio
    • Cuocete in forno a 190° per circa 40 minuti facendo eventualmente la prova stecchino.
    • Una volta sfornato, fate raffreddare su una gratella e poi spolverate di zucchero a velo.





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